Ricerche vs vita reale: quanto conta il contesto?
All’interno del mondo dell’allenamento spesso troviamo 2 tipi di allenatori/coach:
- Coloro i quali basano tutti i loro lavori sugli studi scientifici, fidandosi ciecamente di ciò che viene riportato dalla letteratura, che difendono assiduamente il proprio lavoro dicendo: “questo è quello che dicono gli studi!”, mostrandoli in maniera orgogliosa.
- Quelli di veduta completamente opposta, che non sembrano curarsi più di tanto di ciò che suggerisce la letteratura scientifica e cercano di sperimentare sempre cose nuove, con l’idea e la speranza di “arrivare prima” della scienza.
Come al solito credo che la verità stia nel mezzo: non allenarsi affatto non fa bene alla salute, ma anche allenarsi troppo potrebbe risultare controproducente; eliminare completamente dalla dieta i cibi animali potrebbe dare alcune deficienze alimentari, cosi come l’estremo opposto, ovvero mangiare solamente la carne e/o cibi proteici ed eliminare del tutto i carboidrati, potrebbe far soffrire la nostra performance; insomma non credo molto alle metodologie estreme, quanto più ad un approccio ponderato e ragionato ad un dato tema.
Tornando alla nostra situazione iniziale, credo sia di fondamentale importanza parlare di CONTESTO quando prendiamo in considerazione l’utilità o meno di utilizzare la letteratura scientifica per guidarci nella creazione di un programma d’allenamento.
Ma cosa intendo esattamente?
Ogni studio scientifico, atto a dimostrare una qualsivoglia teoria, prevede determinati parametri, utilizza un determinato campione di persone, un determinato periodo di tempo e attrezzature specifiche.
Per essere sicuri di ottenere lo stesso risultato, dovremmo essere in grado di riprodurre la medesima situazione dello studio, ma questo è spesso impossibile!
Questo vuol dire che non possiamo utilizzare la letteratura scientifica per migliorare la nostra programmazione ?
Assolutamente no!
La differenza pero è che il risultato di un programma d’allenamento basato su studi scientifici dipende dal contesto nel quale si è sviluppato questo programma.
E’ proprio per questo motivo che è importante prendere spunto e testare la “evidence based practice”, affinché possiamo capire cosa funziona e cosa no all’interno del contesto nel quale lavoriamo.
Ci sono tantissime variabili che possono influenzare l’”output” di un programma d’allenamento, specialmente quando ci aspettiamo di riprodurre gli stessi identici risultati riportati in letteratura.
La capacità di sperimentare diversi metodi d’allenamento all’interno del nostro contesto lavorativo ci da la possibilità di capire cosa funziona e cosa no, dove è necessario modificare alcuni protocolli di lavoro, alcuni esercizi o in alcuni casi qualche variabili (percentuale di carico/intensità dell’allenamento/periodi di recupero/ecc...).
Una volta in grado di fare tutto questo procedimento potremo avere più certezze riguardo i nostri metodi di lavoro applicati al nostro conteso lavorativo. Questa pratica viene chiamata “practice based evidence” e si differenzia dalla “evidence based practice”, in quanto è frutto dell’applicazione della letteratura scientifica all’interno della NOSTRA realtà (CONTESTO) e modellata attraverso la nostra esperienza e un percorso di tentativi ed errori, fino a quando non siamo in grado di applicare questi concetti in maniera funzionale e produttiva all’interno del nostro sistema di lavoro.
CoachT